diSimona Brandolini
Il governatore campano attacca La Russa e la premier: «Scappa dal confronto pubblico». E poi: «Da lady di ferro a povera donna vittima del sessismo. Se c'è una persona che non può parlare di dignità delle donne è Meloni»
«A Caivano una performance volgare e studiata a tavolino». E poi:«Giorgia Meloni è presidente del Consiglio a sua insaputa». Dice che tutto è partito dalla manifestazione di Roma, da lui capeggiata, quando nessun esponente di governo lo volle incontrare: «Allora è cominciato il declino democratico e la spinta all'autoritarismo. È stato il primo segnale». E poi sfida la premier a un incontro pubblico.
Ormai è una saga di Palazzo. Da martedì, dall'incontro a Caivano, i botta e risposta tra Giorgia Meloni e Vincenzo De Luca sono seguiti come una serie tv. E la nuova puntata è arrivata. Puntuale come ogni venerdì su Facebook ecco spuntare il governatore. La premessa: «Questo incontro è particolare, dedicato a un'operazione verità in relazione alla vicenda del presidente del Consiglio, di Caivano e del dibattito conseguente».
Poi apre una parentesi in cui attacca frontalmente anche il presidente del Senato, Ignazio La Russa: «Voglio ricordare uno degli uomini simbolo della nostra democrazia, Giacomo Matteotti, prima della sua uccisione da parte dei fascisti su mandato del primo fascista Mussolini. Peccato che accanto a Mattarella ci fosse il presidente La Russa che ha conservato per anni a casa sua il busto di Mussolini, peccato, stonava un po' quella figura. Peccato che il governo si sia dimenticato dell'anniversario di Brescia, di un attentato fascista. Peccato che solo due anni fa quando c'è stato l'assalto squadrista alla sede della Cgil nessuno abbia condannato nulla. Tuttavia è importante ricordare Matteotti come riferimento ideale per quanti vivono la democrazia, che significa anche senso del limite di chi governa. Governare non significa conquistare il bottino».
La «vicenda Caivano», così la chiama De Luca, «parte dalla manifestazione di Roma, avverto fastidio perché parlare di queste stupidaggini in un momento drammatico e di guerre, mi sembra perdere tempo. Ma per due e tre giorni non si è parlato d'altro. Questa volta ha fatto tutto da sola il presidente del Consiglio. Io ero andato ad accoglierla, si è proposta con una performance volgare studiata a tavolino. Ce la potevamo risparmiare. C'è un'inadeguatezza del nostro presidente del Consiglio, è presidente del Consiglio a sua insaputa. Smorfie, cappotti in testa, in luoghi pubblici esce al naturale».
E ancora: «Parla da sola. Nessuno le può domandare nulla. A me capita di fare dirette, ma credo che in media vada in giro tre volte a settimana e ogni volta mi trovo una quindicina di giornalisti che mi fanno domande su tutto. Si fa così. Puoi fare TeleMeloni, telepippe, ma una volta al mese presentati davanti a dei giornalisti senza scappare dal confronto pubblico».
Inserisce la marcia indietro. Torna a Roma, quattro mesi fa, teatro anche del suo fuorionda e del suo insulto. «Avevo incontrato otto mesi fa dopo l'orrore di Caivano, avevo sollecitato ad approvare il Patto di Coesione per la Campania 6 miliardi di euro e spiegavo che era urgente, ma non ho avuto risposte chiare. Sono passati mesi non è successo nulla. Siamo andati a Roma. Una manifestazione di sindaci che viene intimidita, contrastata dalle forze di polizia. 550 sindaci, 5mila persone, sollecitiamo sblocco dei fondi Fsc, ci avviamo in delegazione in maniera sciolta. Ci dicono di attendere qualche minuto. Aspettiamo un'ora. Nel frattempo in un comizio Meloni insulta i sindaci e i manifestanti, dice: andate a lavorare. Quello è un insulto pubblico. Quell'insulto, l'unico vero, crea tensione, passano i minuti scompaiono tutti. Chiediamo spiegazioni. Nessuna risposta. Ci avviciniamo verso la presidenza del Consiglio, solo io entro. Mi dicono non c'è nessuno. Questo è il governo Badoglio, sono fuggiti tutti. Questo è lo scandalo vero. Allora è cominciato il declino democratico e la spinta all'autoritarismo». Poi aggiunge: «Viene registrato un fuorionda. In una sede privata. Quando c'è stato il fuorionda che ha riguardato Giambruno io ho espresso solidarietà. Quel fuorionda è un atto di violenza privata. L'unico insulto pubblico è stato quello della Meloni. Ora si vendica. Non ci sono parole. C'è solo da dire che ancora oggi il problema di sostanza rimane in piedi, quei fondi di Coesione».
Il monologo è più lungo del solito, l'affondo finale: «Per riparare all'episodio penoso di Caivano si inventa un attacco sessista. Fa tutto lei, dopo quattro mesi. La cosa diventa imbarazzante. Meloni si è presentata sulla scena come donna dura che riesce a comandare i maschi. Vuole farsi chiamare presidente, lady di ferro. Ha preso in giro le battaglie del mondo femminista. A questo punto la donna dura si nasconde dietro al femminismo e diventa povera donna vittima del sessismo. Se c'è una persona che non può parlare di dignità delle donne è Meloni per quello che non ha fatto e ha fatto, facendo entrare nei consultori le associazione pro vita a offendere le donne. Vergognatevi, non avete titolo. Lei con l'universo femminile non c'entra niente. Critico Meloni per ragioni politiche, la donna non c'entra nulla».
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31 maggio 2024 ( modifica il 1 giugno 2024 | 18:06)
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